Le domande più frequenti
Alcuni fattori possono incidere sulla scrittura manuale:
- la velocità nel prendere appunti rende la grafia meno precisa e leggibile;
- un’emozione, una forte ansia, si ripercuotono in modo puntuale sulla scrittura;
- una temperatura ambiente molto bassa irrigidisce le dita e ha effetto sul coordinamento dei gesti.
- Ma anche l’umore del momento, il desiderio di fare colpo su chi ci legge, la tipologia (ufficiale, privata) della lettera, ampliano o riducono la dimensione della grafia, la rendono più o meno accurata, ne controllano o liberano il movimento.
Ciò non toglie che – statisticamente – le grafie maschili appaiano in genere più piccole e angolose di quelle femminili.
Si può studiare la scrittura di un bambino dalla fine del ciclo primario di studi, ovvero da quando la grafia ha raggiunto il pieno automatismo del gesto. Purtuttavia questo non autorizza un ritratto approfondito, dal momento che il processo di maturazione e individuazione è ancora lontano dall’essere completato.
La scrittura di un bambino va comunque “sorvegliata” costantemente, a partire dai primi anni della scolarità, per cogliere in essa eventuali segnali di tensione e/o di allarme.
No, ma vanno tenuti in considerazione alcuni elementi.
Il rovesciamento della scrittura a sinistra, ad esempio, è prodotto dalla posizione della mano di un mancino e non va ricondotto, pertanto, ai consueti significati della specie “rovesciata”, a meno che non intervengano altri elementi a rinforzare l’indicazione.
Così come alcuni disturbi della continuità grafica (addossamenti, giustapposizioni) e l’aspetto del rigo un po’ instabile, possono essere conseguenza della minore scioltezza nella tenuta della penna e nella conduzione del tratto da parte di un mancino.
Il gesto può perdere la sua abilità grafica e questo si ripercuote sulla scrittura, segnatamente sulla forma e sulla dimensione. Tuttavia alcuni elementi, molto significativi grafologicamente, come la ripartizione dei bianchi e dei neri, l’impostazione nel foglio, gli “idiotismi” della grafia (accenti, puntini sulle i, virgole, finali di parola) restano sostanzialmente immutati.
No. L’estetica di una scrittura può interessare il calligrafo, ma non assume necessariamente un valore positivo per il grafologo.
Nessuna diagnosi medica può essere fatta sulla base di uno scritto.
Purtuttavia alcune patologie lasciano dei segni significativi sulla scrittura. E’ il caso della “micrografia” caratteristica della malattia di Parkinson.
La stessa vecchiaia, con il suo corollario di piccole o grandi infermità, altera e destruttura la grafia.
Sì, tuttavia alcuni elementi sono più difficili da modificare rispetto ad altri.
La pressione, ad esempio, è impossibile da alterare in tutte le sue caratteristiche: si può accentuare o alleggerire l’appoggio, ma mai in maniera durevole e omogenea nello stesso documento.
Allo stesso modo, i collegamenti interletterali e la ripartizione dei bianchi e dei neri costituiscono gesti talmente tipici e “inconsci” di ciascuna scrittura da essere difficilmente riproducibili.
A un perito grafico giudiziario non sfuggirà certamente un tentativo di falsificazione, pur ben riuscito.