Don Andrea Gallo (Genova, 18 luglio 1928 – Genova, 22 maggio 2013)
Un prete “scomodo”, che aveva fatto sua una scritta vista in Brasile, sulla facciata di una chiesa:“caro cristiano, tu che stai per entrare, sappi che il mondo si divide in oppressori e oppressi. Tu da che parte stai?” E don Gallo è sempre stato dalla parte degli oppressi, dei diseredati dalla società, degli ultimi, degli emarginati. E’stato più volte criticato e continuamente spostato da una parrocchia ad un’altra dalla Chiesa stessa, per i suoi atteggiamenti trasgressivi: l’ostentata fumata di uno spinello in pubblico per protestare contro la legge sulla droga, la sua partecipazione al gay pride di Genova per segnalare le incertezze della chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali, il suo essere dichiaratamente di sinistra e amico di personaggi a loro volta trasgressivi come Vasco Rossi e Fabrizio De André. Ma don Gallo è anche il prete più amato per la sua capacità di ascolto, per la sua pietà nei
confronti dei disperati, per la sua capacità di ridare identità e dignità a chi l’aveva persa. Intorno a lui si era creata un’intera comunità di migliaia di uomini e di donne che avevano ritrovato il coraggio di vivere e che lo hanno accompagnato con commozione, riconoscenza e fierezza nel loro ultimo incontro, al suo funerale.
Una grafia espressiva e spontanea, che avanza con un tracciato vivace e flessibile, con improvvisi momenti di tensione (basi angolose, triangoli). Il pensiero è mobile, intuitivo, originale e aperto (ovoidi, ricombinazioni, pinze, semplificazioni, buchi), ma sa essere anche combattivo (punte, angolosità). Il senso di sé non è sempre stabile e sicuro (zona media di dimensione minore rispetto alle iniziali importanti, “i” piccole e sospese, disuguaglianze di dimensione e di inclinazione, numerosi buchi), ma proprio questo gli ha dato una maggiore sensibilità nei confronti degli umili e degli emarginati, e la forza delle idee, il senso etico (coerenza, omogeneità e spontaneità della forma) hanno aumentato il coraggio e l’ indipendenza di giudizio.
Nelle firme sono più evidenti la combattività e l’ideale dell’io, che si identifica nei grandi ideali condivisi: entrambe molto più grandi del testo, in una le due parti della firma stessa (Don Gallo) sono unite in un unico gesto personalizzato, dinamico e affermato, la “D” di Don è una semplice asta con un triangolo combattivo alla base. Nell’altra la grande “G” del cognome, esuberante ed ampia, dimostra, oltre ad un importante ideale dell’io, anche la forza della sua motivazione, l’intraprendenza dell’azione, la consapevolezza dell’importanza della sua presenza per gli ultimi.