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Valentino Rossi

2021-11-19T19:02:28+01:00

Valentino Rossi, pilota motociclistico leggendario, ha dato il suo addio alle gare a quarantadue anni, correndo, il 14 novembre 2021, l’ultimo Gran Premio della sua carriera spettacolare.

Vive a Tavullia, il piccolo borgo fra le Marche e la Romagna dove è nato il 16 febbraio 1979 e dove tutto parla di lui: perfino il limite di velocità è fissato a 46 km/h, invece che ai canonici 50…

46, infatti, è il numero scelto dal pilota a inizio carriera perché già utilizzato nel Motomondiale del 1979 dal padre Graziano, anche lui pilota professionista.

Il “dottore” – così soprannominato per la sua straordinaria capacità di studiare la moto e di curarne eventuali problemi e difetti – ha esordito a soli tredici anni nel campionato professionistico di motociclismo, per poi conquistare nove titoli mondiali , entrando nella leggenda .

Iscritto al liceo linguistico di Pesaro, non ha mai terminato gli studi, ma è diventato “dottore” (anche di fatto) nel 2005, quando l’Università “Carlo Bo” di Urbino gli ha conferito una laurea magistrale honoris causa in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni.

La forza della sua spontaneità e della sua leggerezza, unite ovviamente al suo talento e alla sua solidità sportiva, hanno creato attorno alla sua immagine una sorta di culto religioso.

Un po’ guascone, simpatico, irriverente, schietto e autoironico, Valentino esprime la propria personalità con naturalezza, conservando quell’atteggiamento scanzonato e adolescenziale adottato fin da quando era sconosciuto al grande pubblico.

Anche nella grafia del campione, ormai adulto, permangono caratteristiche adolescenziali: spontaneità, vivacità e mobilità del tracciato indicano che l’esuberanza e l’entusiasmo sono ancora intatti, la componente Anima rimanda a una spiccata sensibilità, mentre le lettere script e à rebours rivelano un’identità “scapigliata” che, dietro a un goliardico anticonvenzionalismo, nasconde ansie e incertezze (disuguaglianze marcate in dimensione, addossamenti, sospensioni).

Chiara, a tendenza bassa, con ovali importanti – talvolta ovoidali talaltra ammaccati – e con qualche indulgenza narcisistica (caratteristiche anche queste dell’età adolescenziale), la scrittura di Valentino esprime la concentrazione sulla dimensione socio-affettiva del presente non disgiunta da una buona organizzazione, nel pensiero e nell’azione.

Socievole (anche se più incline a parlare che ad ascoltare), seduttivo, affettuoso, sempre emozionalmente carico (numerose tegole ascendenti in corso di parola), il campione potrebbe essere tradito da un eccesso di fiducia che rasenta l’ingenuità, se non avesse, come ha, risorse di combattività per difendersi dalle ingerenze esterne (arcate, mazze, inclinazione prevalentemente verticale, acuminazioni, t a frusta o a croce) e pattern di riferimento precisi che orientano il suo comportamento professionale (impostazione tipografica, rigo sinuoso ma con interlinea rispettata).

Le firme di Valentino Rossi meritano un discorso a parte: sono due, per sua stessa ammissione.

La prima è l’autografo destinato al pubblico: una firma iconica, che rimanda allo stile di guida del pilota.

La penna si lancia sul circuito della carta con un movimento circolare, che torna su se stesso senza mai fermarsi e che disegna flessuosamente ampie curve per terminare con una stella, simbolo di vittoria.

La finale, frenando, si mette di traverso, come Valentino ama fare con la macchina, con la moto, e perfino con l’Ape a tre ruote. L’intera firma si rovescia, riproducendo una delle leggendarie impennate del suo autore. Con le aste inferiori a vasca e a punta, sembra di vedere la sua moto tutta inclinata su un fianco, quasi a sfiorare il terreno.

La seconda firma è quella “ufficiale”, riservata ai documenti pubblici e agli scritti privati. Simile al testo nel nome, se ne distacca nel cognome, personalizzato e valorizzato da una figura finale che accenna a quella stella che chiude l’autografo. Nella vita reale, insomma, se Valentino resta il ragazzo spontaneo di sempre, Rossi non rinuncia a lasciare sulla carta la sua impronta inconfondibile di campione.

M.L.F.

Gino Strada

2021-09-04T10:53:03+02:00

Gino Strada: l’Utopia della Pace

 

Luigi Strada, noto come Gino, nasce a Sesto San Giovanni (Milano) il 21 aprile 1948. Si laurea in Medicina e Chirurgia , specializzandosi in Chirurgia d’Urgenza,  per poi completare  la sua formazione negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Sud Africa presso prestigiose istituzioni accademiche e ospedaliere.  

Nel 1988 si indirizza verso la chirurgia traumatologica e la cura delle vittime di guerra, per poi lavorare con la Croce Rossa in varie zone di conflitto armato.

Questa esperienza sul campo motiva Strada, la moglie Teresa Sarti e un gruppo di colleghi, a fondare, nel 1994,  Emergency, un’associazione umanitaria internazionale per la riabilitazione delle vittime della guerra e delle mine antiuomo. Dalla  sua fondazione a oggi, Emergency  ha fornito assistenza gratuita a milioni di pazienti e ha promosso la costruzione di ospedali e posti di soccorso in diciotto Paesi del mondo.

 

Per un beffardo gioco del destino Gino Strada muore proprio nei giorni in cui i Talebani marciano verso la riconquista di Kabul, atto finale di un conflitto che, dopo vent’anni, finisce per riprodurre l’analogo assetto di potere che gli Stati Uniti e l’Occidente volevano cambiare, portandosi dietro un’impressionante scia di morte, dolore e distruzione.

È la logica della guerra, di quella guerra che Gino Strada ha sempre considerato strumento eticamente inaccettabile, oltre che inidoneo a risolvere qualsiasi contrapposizione tra uomini e popoli.

La grafia di Gino Strada indica un idealismo capace di tradursi in azione grazie a intraprendenza, coinvolgimento e ricettività (movimento dinamico, inclinata, a ghirlande ); il suo è uno sguardo rivolto verso orizzonti alti, unito alla consapevolezza che solo l’azione e la  lotta quotidiana sul campo possono avvicinarsi a quegli orizzonti  (prolungata in alto e in basso).

È dotato di  una mente agile e chiara, grande senso del rigore e capacità di adattarsi ai cambiamenti repentini della professione nei contesti difficili in cui opera (allargata, semplificata); possiede, inoltre, una finezza psicologica che gli consente di perseguire il suo obiettivo con determinazione e concentrazione, mostrandosi impaziente di raggiungerlo rapidamente (movimento  dinamico, gladiolata).

Ha un forte senso dell’organizzazione (buona impostazione, spazio tra righe accentuato), non si lascia demotivare, né influenzare. È stabile e tenace nel raggiungimento dei suoi fini: non molla l’azione una volta intrapresa, abbatte gli ostacoli con l’impeto e l’irruenza del trascinatore (legata, allargata, inclinata, tratti del temperamento “Bilioso” di Ippocrate).

È un medico nel vero senso della parola: si prende cura delle persone in quanto esseri umani che hanno bisogno di assistenza, senza distinzioni di età, sesso, censo e religione. In questo senso sente un forte senso di appartenenza al mondo della Medicina che impronta ogni sua attività e su cui concentra e indirizza ogni suo sforzo. (legata, piccola, gladiolata).

Per i pensieri astratti, banali, nutre un fastidio che esprime con atteggiamenti di snobismo, di distacco, di aperta insofferenza: la sua è una personalità controcorrente che rifugge dalla mediocrità e capace di opporsi con forza, severità e intransigenza a chi mette in dubbio le sue convinzioni (caratteristiche del tipo junghiano “Pensiero”, firma più grande del testo, sopraelevazioni, lettere a rébours, mazze, acuminazioni).

È un uomo sensibile e la sua emotività è messa a dura prova dal contatto con adulti e bambini massacrati dalle mine antiuomo (disuguale in dimensione, pressione che via via sfuma). La componente realistica e sensoriale è in lui un fattore importante (presenza della funzione junghiana “Sensazione”), ma non comporta alcun cedimento alle cose facili: è un uomo audace che ama le sfide, che accetta il rischio e che è capace di assumersi gravose responsabilità anche per compensare inevitabili cedimenti interiori (disuguale in pressione e in dimensione, pressione a volte spostata).

Concreto, all’apparenza arrogante, combattivo, fiducioso di poter trarre profitto dalle proprie doti, di amministrare adeguatamente le sue potenzialità, non si rilassa mai, correndo rischi di stress da surmenage (pressione spostata, che via via sfuma, caratteristiche del temperamento “Bilioso” di Ippocrate).

 

Tradito dal suo cuore, Gino Strada è morto il 13 agosto 2021 in Normandia all’età di 73 anni.

 

Gino Strada ha illuminato il concetto/sostanza di sacralità e il rispetto per la vita e l’integrità umana. Ha dato tutto se stesso non solo con le sue capacità di grande organizzatore ma come uomo con un ideale irrinunciabile: quello dell’uguaglianza tra gli esseri umani. (Moni Ovadia)

 

Maria Rosaria Colella

 

 

 

Raffaella Carrà

2021-08-01T11:14:51+02:00

Raffaella Carrà è stata definita la regina della televisione italiana, ma la sua scrittura ha ben poco di maestoso e regale. La grafia è infatti medio- grande, ma senza segni di soprelevazioni o ornamenti che normalmente ci si potrebbero attendere da una “diva”. Era una persona generosa, dall’ espansività semplice, fresca: la sua scrittura è infatti chiara, ampia e molto curva.

 

La carriera nel mondo dello spettacolo comincia per Raffaella precocemente, con la partecipazione a soli 8 anni al film “Tormento del passato” (1952); da quel momento la sua ascesa non si è mai arrestata, spaziando il suo percorso professionale – negli ultimi 70 anni – dalla radio alla televisione, alla canzone, alla produzione televisiva. Tale forza e dinamismo, audacia ed espansività si rivelano facilmente nella scrittura che è grande, legata, con una buona pressione, ascendente. Raffaella era una persona dinamica, capace di affrontare una grande mole di lavoro e anche diverse attività alla volta, adattandosi spontaneamente e con entusiasmo a nuovi progetti: le ghirlande infatti abbondano nella sua grafia.

 

Dedizione al lavoro e organizzazione si evidenziano nella impostazione armoniosa della sua scrittura che ha un margine sinistro crescente; mentre la forza di volontà, che fa pensare a una certa diligenza premurosa nell’ eseguire ciò che fa, si rivela grazie ai tagli della T che, sempre vergati con forza, sono bassi ma spesso legati alla lettera che segue: indicativi di una certa modestia e moderazione, ma anche di una spinta realizzatrice molto forte. Nel suo agire non vi è la pesantezza del sacrificio ma la leggerezza della dedizione, della simpatia e dell’ ottimismo. Fondamentale per questo l’ ascendente delle righe, che denota ardore, attività, iniziativa innovatrice, ottimismo e immaginazione: tutte caratteristiche proprie della Carrà e che costituiscono il motore propulsivo di una vita tanto ricca e tanto fortunata da un punto di vista lavorativo e artistico.

 

A proposito della vena artistica di Raffaella, a parte il senso estetico che la connota, la scrittura è un emblematico esempio di scrittura “plena” di Augusto Vels, che l’ ha riscontrata in diverse grafie di artisti, inventori e attori: caratterizzata da movimenti ampi, curvi, gradevoli (pienezza e armonia di forma) e dal tratto in rilievo. Denota forza immaginativa, espressiva e suggestiva, talento oratorio e descrittivo. Tutte caratteristiche della Carrà, vera sintesi della sua vita artistica.

Le specie grafiche già descritte, unite alla leggibilità della firma (autenticità semplice), ci spiegano anche l’ audacia dell’artista nel mostrare il suo ombelico negli anni ‘70. Lei stessa, in un’ intervista del 2018, quando viene nominata Dama “a l’ Orden del Merito Civil” dall’ambasciatore spagnolo in Italia, dice: “non avrei mai immaginato che il mio ombelico facesse così tanto rumore. Per me è stato naturale vestirmi alla moda di quei tempi”.

Spontaneità, freschezza, vivacità si riscontrano anche nelle forme della sua scrittura – curva, ampia, semplice in un insieme armonico – che ne fanno una persona dalle alte qualità morali.

 

Tale tratto si rivela anche nel modo in cui ha affrontato l’ impossibilità fisica di avere bambini. Dice a tale proposito in un’intervista: “ Avevo trent’anni, i mesi passavano e questo bimbo non arrivava. Sono andata dal ginecologo e ho fatto l’ amara scoperta: ormai era troppo tardi. Ma anche io volevo donare qualcosa di buono, come quello che avevo ricevuto nella vita. Cosi ho riservato tutto l’ amore che avevo dentro ai miei due nipoti . Poi mi sono dedicata alla adozioni a distanza: sostengo bambini un po’ in tutto il mondo e di tanto in tanto li vado a trovare. Mi sono,

per cosi dire, circondata di infanzia, riuscendo a colmare quel vuoto che avevo dentro”. E forse la scrittura un po’ schiacciata parla proprio di un’antica sofferenza affettiva.

 

Sempre Agusto Vels chiama questo atteggiamento ”oblio di se stesso”: le personalità superiori sublimano le proprio difficoltà, dimenticando se stesse e creando del bene: scrittura armonica, ampia, ottimo equilibrio bianchi/neri, curva.

 

Anche se l’ ombra di questo conflitto col suo corpo mai è stata totalmente scacciata, e si può scorgere nelle gambe della lettera F, vergate nella firma con movimenti sinistrogiri e con le aste che non discendono verticalmente ma accennano a dei denti di pescecane.

 

Comunque la Carrà riusciva anche a gestire con grande eleganza il difficile equilibrio tra vita pubblica a privata. Non si concedeva a grandi eccessi da superstar (la sua scrittura non presenta esagerazioni nè grandi disuguaglianze) e riusciva ad essere molto discreta (ampio spazio tra righe, ovali ben chiusi anche a doppia mandata, aste leggermente rovesciate). Nessuno, ad esempio, sapeva della sua malattia.

 

Infine Raffaella, per le forme un po’ paffutelle e i suoi ovali jointoyée, aveva un che di ingenuo, di candido. Fabio Fazio scrive in sua memoria: ”Era elegante Raffaella: era elegante quella televisione che costruiva l’ estetica di un Paese ingenuo ma pieno di dignità. Raffaella Carrà era la sintesi di tutto ciò”.

 

Domenico Mugavero

ARIGRAFMediterraneo

Carla Fracci

2021-06-07T13:23:36+02:00

Carla Fracci

 

Carolina Fracci, in arte Carla, nasce a Milano il 20 agosto 1936 da Luigi Fracci, alpino e sergente maggiore in Russia, e da Santina Rocca, operaia alla Innocenti. All’inizio della guerra Carla e la sua famiglia, sfollati dalla città, si rifugiano a Volongo dalla nonna materna Argelide, dove, come l’artista dirà anni dopo, “ben piantate nella terra”, si trovano le sue radici. Trasferitasi dalla zia a Gazoldo degli Ippoliti, nel mantovano, per frequentare la scuola elementare, torna a Milano con la famiglia al termine della guerra: aspira a diventare parrucchiera, ma sa ballare e si esibisce per gioco al Circolo ricreativo dell’azienda di trasporti dove, nel frattempo, il padre è stato assunto. Su insistenza di alcuni amici, che notano nella ragazzina un notevole senso del ritmo, i genitori si convincono a portarla al Teatro alla Scala per un’audizione.

È l’inizio di un’epoca che segnerà per sempre la storia della danza: a dodici anni Carla è una comparsa in La bella addormentata con Margot Fonteyn e a ventidue viene promossa prima ballerina.

Regina indiscussa della danza, “prima ballerina assoluta “ , come l’ha definita il New York Times, Carla Fracci incanta e ammalia le platee di tutto il mondo, interpretando i maggiori ruoli (circa centocinquanta) della letteratura del balletto e danzando con partner prestigiosissimi come Rudolf Nureyev (“Danzare con lui era una sfida: eccentrico, competitivo ma di grandissima generosità”, dirà poi).

Sposatasi nel 1964 con Beppe Menegatti, aiuto regista di Visconti, Carla Fracci diventa madre quattro anni dopo, conciliando con successo quotidianità e carriera.

Ritiratasi dalle scene, negli ultimi decenni ha diretto prestigiosi corpi di ballo, fra cui quelli del San Carlo di Napoli, dell’Arena di Verona e del Teatro dell’Opera di Roma, continuando sempre a portare avanti la sua passione per l’insegnamento e la divulgazione della danza classica fra i giovani.

Musa, mito, icona, celebrata da poeti come Eugenio Montale (“..a te bastano i piedi sulla bilancia per misurare i pochi milligrammi che i già defunti turni stagionali non seppero sottrarti” ) e Alda Merini (“Tu sei leggera come la follia…”), è morta a Milano a ottantaquattro anni, il 27 maggio 2021.

La grafia di Carla Fracci, grande, semiangolosa, verticale, intricata, parla di uno spirito pragmatico, concreto e determinato che ribolle sotto la dolcezza del tulle bianco, raccontando la storia di una donna che, pur volando in punta di piedi, si coinvolge in tutte le dimensioni della vita reale e resta ben ancorata alle radici contadine della sua infanzia.

Orgogliosa di sé e dei suoi traguardi (sopraelevazioni e sottolineature ), non indulge mai a forme di divismo, restando sempre amabile e disponibile (c a conchiglia, finali in curva aperta, ghirlande), pur se discreta e misurata nell’esternazione dei suoi sentimenti, che ha forse sacrificato alla rigida disciplina e alla ricerca di una perfezione che è sfida continua a superarsi (grafia a forte componente fallica, lettere strette, maiuscole alte e strette).

La firma merita un’attenzione particolare per il movimento vivace e flessuoso con cui danza sul palcoscenico simbolico della sottolineatura: l’iniziale del nome entra in scena partendo da lontano, dal centro del palco, mentre la sua finale si libra verso destra per poi tornare indietro con un inchino.

Con la morte di Carla Fracci, l’eterna fanciulla danzante di Montale, scompare la più grande esponente della danza classica italiana del Novecento, l’ étoile internazionale di prima grandezza e la leggenda del ballo, ma anche la donna che è rimasta sempre fedele a quelle radici contadine dalle quali ha tratto la determinazione e lo spirito di sacrificio che l’hanno guidata nell’arte come nella vita.

M.L.F.

Mario Draghi

2021-04-11T15:14:43+02:00

Economista, accademico, banchiere, dirigente pubblico, è stato Direttore Generale del Ministero del Tesoro dal 1991 al 2001, Governatore della Banca d’Italia dal 2006 al 2011, Presidente della Banca Centrale Europea dal 2011 al 2019. Il 13 febbraio 2021 è stato nominato 30° Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.

Quando si dice una grafia sobria…..che più sobria non si può. Che non si concede nulla, salvo una sorta di corona nella firma, nella “M” di Mario. Testimonianza di una attitudine ad una umiltà da civil servant, quale si è sempre dichiarato. Umile ma non fragile, né insicuro. La zona media, infatti, è ben strutturata, leggibile, salda sul rigo ma senza rigidità, le tre zone della scrittura ben sviluppate. La sensazione è quella di un uomo solido, equilibrato, affidabile, che porta sulle spalle un peso enorme di responsabilità con la disinvoltura di chi agli oneri della carica è abituato.

Pur nella limitatezza del materiale a nostra disposizione (un bigliettino di ringraziamenti), colpisce la gestione dello spazio, così equilibrata: margini regolari, copoversi, righe e parole distanziate, firma armoniosamente distante.

Rispetto delle regole, senso spiccato dell’organizzazione, ascolto attento, agevole penetrazione sociale: queste le caratteristiche dell’uomo, prima che dell’uomo di Stato. Circola molta aria in questo scritto, e ci fa pensare a pause necessarie, a silenzi di riflessione, a gesti contenuti. Lo connota la specie allargata e un ritmo di vibrazione che rimandano a una mente aperta, che guarda lontano ma non perde di vista il presente, a una sensibilità intensa ma non esibita. Sensibilità che è anche emozione: non deve sfuggire la connotazione “anima” che investe l’uomo più che il banchiere. Se in effetti non ci hanno stupito le aste prolungate in alto dell’ambizione, gli ovali chiusi della riservatezza, le finali corte della prudenza, ci hanno piacevolmente sorpreso le piccole rotondità delle lettere, la grazia della curva di alcuni collegamenti, gli occhielli e gli ovali non sacrificati, le sottili sfumature del tratto: la scrittura “anima” appunto, con tutto il suo portato di sottesa emotività e accoglienza.

Un discorso a parte merita la firma.

Interessante la discontinuità che la caratterizza: un nome vergato con cura e chiarezza, irto di denti di pescecane nella “M”, che quasi assume la forma simbolica di una corona (ma che è anche un bell’esempio di “divaricata” di Moretti), e un cognome stilizzato e illeggibile, connotato da lunghe aste svettanti in zona superiore, abilmente compensate da un allungo inferiore che pesca, a mo’ di amo insidioso, in acque profonde…. Qui in gesto non si attarda, ma scorre veloce e risparmia l’ovale del cognome, trasformandosi in cifra riconoscibile e personalissima. Dismessi i panni del severo banchiere, Mario (così vuole essere semplicemente chiamato dagli abitanti di Città della Pieve, il suo buen retiro tra Umbria e Toscana) si riprende la scena.

C.P.

Joe Biden

2021-02-09T18:10:39+01:00

Joe Biden

Joseph Biden, meglio noto come Joe Biden, è il 46° Presidente degli Stati Uniti d’America dal 20 gennaio 2021.

Esponente dell’ala moderata del Partito Democratico, di professione avvocato, fu eletto nel 1972 senatore federale in rappresentanza dello Stato del Delaware, poi confermato per sei mandati consecutivi.

Nel 2009 assunse le funzioni di Vice Presidente sotto l’amministrazione di Barack Obama. A 78 anni, è il più anziano Presidente mai eletto negli USA.

 

Il neo-presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden è una persona d’ azione, ricco di energia realizzatrice, che riesce aportare a termine compiti e a raggiungere qualsiasi obiettivo si prefigga con impeto, zelo, passione e responsabilità. La scrittura è infatti legata, leggermente ascendente, allargata e con pressione uniforme.

Biden trae piacere dal movimento, gode dell’ agire, ed è ottimista; sembrerebbe proprio che incarni lo stereotipo del self made man americano.Il suo ardore e la sua passione si concretizzano anche nella capacità di adattamento e di persuasione, in quanto riesce spontaneamente e agilmente a modificare il proprio approccio in funzione delle circostanze: la sua scrittura ha collegamenti tra i più svariati (ghirlanda, angolo, arco, orizzontale ) e non manca di una buona dose di ricci.

Quando vuole quindi può essere molto socievole, amabile, diplomatico (infatti è stato Presidente della Commissione Esteri al Senato Americano, ed è sempre stato un interlocutore dei Repubblicani ), ma soprattutto naturale e spontaneo, tanto da commuoversi in pubblico quando riceve a sorpresa da Obama “The Medal of Freedom”. Alcuni ovali sono aperti a destra altri a sinistra, altri ancora in alto, nella sua scrittura vi è poi la predominanza del movimento progressivo e una marcata omogeneità tra testo e firma.

Alle volte invece, in virtù anche della sua grande fiducia in sè, afferma le proprio idee e le proprie posizioni con forza, tenacia e combattività (forte pressione, angoli, la i che in inglese significa “Io” con angoli e ganci, la J nella firma di Joe è un tratto vergato verticalmente con grandissima forza e molto prolungato), che forse può sfociare in aggressività.

Ha la capacità di captare l’ aspetto dinamico e trascendente delle cose e dei fatti (infatti Obama l’ ha scelto come Vice) anche se alle volte rischia di perdersi dei dettagli.

Persona autentica, è dotato di una sensibilità genuina (piccole oscillazioni , pressione forte, movimento vibrante): famoso l’ episodio in cui parla della proprio lotta contro la balbuzie a un bambino balbuziente di 12 anni, incoraggiandolo con grande empatia.

Tuttavia non mancano nella vita del Presidente dei momenti di incertezza, di dubbio o anche melanconici ricordi del passato: Biden ha sofferto gravi perdite familiari che ritornano pesantemente (barra della D rigonfia all’ indietro, pochi ovali schiacciati), pensieri che vengono subito scacciati tuffandosi nel quotidiano. Inoltre, forse anche per l’ età, affiora lo stress (piccole torsioni, pressione uniforme).

Ad ogni modo è un uomo sincero ed appassionato, soprattutto delle sue idee e dei suoi ideali. Tutti siamo il precipitato delle nostre esperienze ma per Biden ciò è molto profondo, in quanto i suoi ideali e i suoi modelli sono il faro della sua vita, la sua essenza, e trae da essi pienezza interiore. Infatti la sua scrittura – benchè sia rapida, movimentata e ricombinata – è leggibile, ha margini piccoli e segue il modello americano non ciecamente ma in modo personalmente rieleborato

Dichiara infatti nel suo ultimo discorso prima del trasferimento a Washington: “In our family, the values we share, the character we strive for, the way we view the world — it all comes from home, It all comes from Delaware.” (“Nella nostra famiglia, i valori che condividiamo, la persona per cui ci battiamo, il modo in cui vediamo il mondo, origina tutto dalla nostra casa, viene tutto dal Delaware”).

Domenico Mugavero

Diego Armando Maradona

2021-02-08T18:58:13+01:00

Diego Armando Maradona

1960 – 2020

Diego Armando Maradona, soprannominato el pibe de oro (il ragazzo d’oro), è considerato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, se non il migliore in assoluto.

Campione del mondo nel 1986 e vice campione del mondo nel 1990 con la nazionale argentina, segnò contro l’Inghilterra ai quarti di finale di Messico 1986 una rete considerata il gol del secolo.

Fu ingaggiato nel 1984 dal Napoli (dove giocherà con la mitica maglia n. 10), che grazie a lui vinse nel 1987 il suo primo scudetto e la sua terza Coppa Italia, e – nel 1989 – la Coppa UEFA.

Successi che raccontano in minima parte quello che Maradona è stato per una città che lo ha eletto re, comandante, simbolo di riscatto.

Personaggio controverso e carismatico, incappato non di rado in guai con la giustizia, Maradona ha generato una sorta di culto idolatra sia in Argentina sia in Italia: a Rosario, i suoi tifosi fondarono la Iglesia Maradoniana; a Napoli, in una via pubblica, gli è stato dedicato un altarino dove i tifosi amavano recarsi a chiedere la “grazia calcistica” prima di ogni partita.

Non intendiamo cimentarci con l’analisi dei tratti salienti di carattere del mitico centravanti partendo dalla sua firma -impresa impossibile nonché discutibile – ma vogliamo limitarci alla descrizione del gesto grafico e del movimento che ha generato una firma così dinamica ed evocativa.

Autografo di MaradonaMaradona scrive per lo più in stampatello, come di frequente capita a persone poco scolarizzate: come Diego, cresciuto senza istruzione a Villa Fiorito, barrio poverissimo della periferia sud di Buenos Aires. Uno stampatello ingenuo, ma percorso a volte da improvvise accelerazioni e non scevro da ricombinazioni argute (vedi i collegamenti tra lettere e numeri nella data martedi 21 marzo 1989). E’ l’uomo Diego che fa capolino dietro le lettere impersonali, con le sue insicurezze, la sua furbizia da scugnizzo, la sua difficoltà a esistere in modo autonomo e strutturato.

Quell’uomo che nella firma si libera e si impadronisce dello spazio. Una firma mossa come il mare della sua Buenos Aires e della Napoli che lo accoglie, centrale, che ricorda il suo gol più bello: partenza dal centro del campo, dribbling e zig zag fino alla porta, con la palla a trafiggere la rete dell’Inghilterra – il tutto in 11 secondi. La firma è il calciatore e la sua tattica, la potente macchina da guerra lanciata verso la rete avversaria. E, ancora, fa tenerezza quel bisogno di farsi comunque riconoscere e apprezzare affidato al MARADONA scritto in stampatello sotto la firma e – come se non bastasse a identificarlo – al numero della maglia: la mitica e iconica n. 10 che nessun giocatore del Napoli ha più voluto indossare dopo di lui. Sfilata la maglia, ritorna el pibe, le baracche di mattoni e lamiera di Villa Fiorito e – tutto intorno – solo fango.

Gianrico Carofiglio

2020-12-18T11:25:54+01:00

Gianrico Carofiglio, ex magistrato ed ex senatore del PD, fuoriclasse del noir italiano e voce importante della narrativa italiana. Il suo ultimo libro “La misura del tempo”, apprezzato da pubblico e critica, secondo classificato al premio Strega 2020, è stato ed è in pole position nelle classifiche dei più venduti.


Osserviamo nella breve dedica una scrittura che “viaggia”, perfettamente a suo agio, nel piccolo spazio bianco a disposizione, quello della pagina di libro che ne diventa naturale “dimora”, parafrasando le parole della dedica stessa.

Il tracciato è libero ed espressivo e nel contempo chiaro ed ordinato; le disuguaglianze e la sinuosità del rigo si integrano naturalmente con il rispetto dei margini e delle distanze “di sicurezza” ; gli ampi spazi bianchi tra le righe e le parole, spazi di riflessione e di silenzio, sottolineano l’importanza delle parole, ne accrescono l’efficacia della scelta: e proprio al “peso” delle parole, al desiderio di contrastarne l’uso sciatto ed inconsapevole Gianrico Carofiglio ha dedicato uno dei suoi libri,”La manomissione delle parole” . L’innegabile ed acuto spirito critico, l’intelligenza aperta e creativa emergono evidenti dalle piccole acuminazioni, dalle diffuse ricombinazioni e semplificazioni, dai rapidi collegamenti presenti nel tracciato; il gesto semplice e naturalmente elegante evoca la sobrietà del suo eloquio ed i giudizi equilibrati; il breve testo appare una rappresentazione grafica del monito”rifletti prima di pensare” di cui Carofiglio fa spesso uso con l’ironia che gli è propria.

La pluralità dei punti di vista e l’invito a dubitare della verità stessa all’interno di una sfida processuale costituiscono il perno del suo ultimo romanzo “La misura del tempo”, classificato secondo al premio Strega, ed appaiono perfettamente rappresentati dalle lievi disuguaglianze d’inclinazione e continuità, dai piccoli ovali aperti, dalla dimensione decrescente delle parole, in generale dal ritmo del tracciato. Alcune rigidità del testo si annullano ed esplodono poi nella firma vivace ed ampia che, senza abbandonare la verticalità, si allarga e va ad esplorare l’ignoto, superando lo spazio a disposizione in una sorta di rievocazione grafica della scelta, credo, più importante della sua vita: lasciare la Magistratura ed approdare, con grande successo, al mondo creativo della scrittura.

L.M.

Luis Sepulveda

2020-11-14T17:53:19+01:00

Luis Sepúlveda (4 ottobre 1949, Ovalle, Cile) è stato uno scrittore, giornalista, sceneggiatore, poeta, regista e attivista cileno.

Impostosi sulla scena mondiale con “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” (1989), ha pubblicato una trentina di libri tra romanzi, raccolte di racconti e narrazioni di viaggio, mettendo sempre il lettore di fronte alle grandezze e alle miserie della Storia e trasferendo nei suoi testi le esperienze, le passioni umane e politiche, il culto dell’amore, la difesa della natura e il gusto per l’avventura. Giocava con i generi, scegliendo le favole per raccontare i sentimenti universali: indimenticabile la sua “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare “ (1996). Vittima della pandemia di Covid-19, è morto il 16 aprile 2020 a Oviedo (Spagna).

Lucho, il combattente

Lo chiamano Lucho, combattente. La sua è una letteratura di chi vuole cambiare il mondo e che ha resistito a un regime che non ha lasciato prigionieri. Quello del “Cile di Pinochet” durato dal settembre 1973, quando Augusto Pinochet divenne capo della giunta militare, all’11 marzo 1990, quando il Cile è tornato alla democrazia.

Lucho è Luis Sepulveda e ci ha appena lasciati.

Dall’analisi della grafia, che conserva implacabilmente traccia della sua vita presente e passata, è evidente una enorme carica di umanità che proviamo ad immaginare scaturita da tante sofferenze fisiche nonché psicologiche, dovute alle torture subite.

Esperienze che hanno maturato in lui un bisogno di respirare aria di libertà, di espandere i polmoni, di esprimersi completamente, partecipando alla società del suo tempo con tutta la forza vitale, la motivazione e la generosità di cui è naturalmente dotato (grafia allargata, ascendente, dinamogenica, a ghirlanda con arco iniziale, aperture negli ovali e in alcune vocali).

Capace di ascolto e pronto a mobilitarsi per i più deboli (gladiolata, aperture in alto e a destra, sfumata, allargata, firma inclinata) con quel calore e quella vicinanza che fa sentire unica la persona a cui va incontro, è animato da elevati ideali personali e sociali (sopraelevata, ascendente, caratteristiche falliche). La sua vita è un susseguirsi di esperienze le più diverse: giornalista a 17 anni, scrive già su uno dei più importanti quotidiani argentini; a 20 anni ottiene un premio per un libro di racconti e di lì vince una borsa di studio per corsi drammaturgia presso l’Università di Mosca. Quando presto torna in Cile si diploma come regista teatrale, scrive racconti, lavora alla radio. E’ inarrestabile. La sua necessità di aprirsi, di esprimere le sue potenzialità spazia in tutti i campi.

Possiede questa grande capacità di proiettarsi in avanti e nell’azione, ha un’ energia realizzatrice che lo ispira ed è così potente che lo porta a raggiungere gli obiettivi che si prefigge (caratteristiche del bilioso, grafia propulsiva, in rilievo, collegamenti secondari).

La sua determinazione è pari alla sensibilità e alla vulnerabilità che si originano dagli eventi della sua infanzia (grafia leggermente ammaccata, sospesa, i piccole e sospese, caminetti, disuguale in dimensione), a cominciare dalla sua nascita, avvenuta in un albergo, in quanto i suoi genitori erano stati denunciati per ragioni politiche e lì si erano rifugiati.

La sua sensibilità superiore alla media si esprime nei modi delicati e profondi dell’approccio all’altro e nella capacità di annusare il pericolo, come guidato e allertato da un sesto senso (sfumata, allargata, bucata, caratteristiche del tipo sensazione). E’ fortemente legato alla madre e a quel passato da cui ha anche sviluppato la capacità di reagire a momenti di nostalgia e sconforto. Inevitabili (margine sinistro leggermente progressivo ma disuguaglianze in dimensione, oscillante attorno alla verticale, ammaccata, sospesa, residui di oralità).

Ma Lucho è appunto combattivo – non per nulla si è conquistato l’appellativo – è animato da una energia guidata da una gran forza di volontà e una grande resistenza. Riesce a prendere la giusta distanza dalle emozioni acquisendo la capacità di percepire la realtà quale è, ponendosi l’obiettivo di volerla cambiare (caratteristiche del bilioso e del tipo pensiero, in rilievo, leggermente appoggiata, ascendente, prolungata in basso).

Entra a far parte della guardia personale di Salvador Allende, un periodo felice e duro durante il quale la cultura è il suo grande rifugio e lo forma profondamente. Con la caduta di Allende, catturato e torturato dal Regime, Lucho viene salvato dalla morte da Amnesty International che riesce a far commutare la condanna in un esilio.

A Luis non basta una sistemazione comoda quale quella che gli si prospetta come professore di drammaturgia all’Università di Uppsala in Svezia, sceglie invece di andare in Brasile, Paraguay e Equador, collaborando con l’Unesco per studiare gli Indios Shuar. Forse non è un caso che Sepulveda abbia un quarto di sangue Mapuche. Vive in Amazzonia per sette mesi e lì vedrà la luce il suo primo libro importante. La cultura maturata in quegli anni è diventata un bagaglio che non può ignorare.

L’intelligenza rapida e originale e un’attitudine naturale a sfuggire alla mediocrità (caratteristiche falliche, firma stilizzata, grafia personalizzata, à rebours, ricombinata) lo hanno portato a percorrere strade le più diverse, grazie alla sua curiosità, alla capacità di associare idee inedite, possiede un intuito acuto e sottile, e ormai la cultura è diventata la sua forza protettrice, una base sicura per liberare la sua audacia creativa (ricombinata, buchi, arco nello spazio, puntini a cerchietto, vasche, abili collegamenti annodati in doppio arco).

Nel periodo cileno si assume la responsabilità di una cooperativa agricola, affrontando una forza ben più potente, quella della Natura. Anche questa esperienza lo segnerà, dando luogo, grazie alle straordinarie doti di immaginazione, fantasia e originalità (ricombinata, à rebours, puntini a cerchietto, arco nello spazio ), alla narrazione di storie che hanno riscosso un enorme successo in tutto il mondo.

Nella vita privata ha trovato in Carmen la sua più grande amica, compagna, amante, moglie: perduta al tempo del carcere, creduta morta, ritrovata e risposata dopo tanti anni. Una unione che Luis vive con delicatezza e partecipazione profonda, ma anche dando spazio alla sensualità (sfumata, allargata, vellutata, aste inferiori gonfie e prolungate).

Nella “storia” di Sepulveda le origini, le radici che la vita a volte ha minato, sono state la spinta alla scoperta della sua forza vitale, costruttrice e umana. Il passato può essere terribile, si può tentare di prendere le distanze da esso, ma prima o poi ritorna. Invece di sfuggirlo, Luis ne ha fatto un punto di forza, che ha fatto emergere le sue doti migliori. Tutto questo ha lasciato un segno. Forse è proprio tutta la sofferenza patita, la vita da profugo ed esule a dare la possibilità a questo combattente, malgrado tutto, di porsi al centro senza ostentazione, con discrezione, solo con un inesauribile patrimonio di storie da raccontare.

Maria Rosaria Colella

Steve Jobs

2020-11-09T18:48:32+01:00

tratto da “Giornalismo Riflessivo” 8/10/2011di mmilan

“[… ] Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la migliore formazione del Paese in calligrafia. In tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con grafie bellissime. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito il corso di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai i caratteri serif e sans serif, la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, quello che rende eccezionale un’eccezionale stampa tipografica. Era bello, storico, artistico e raffinato in un modo che la scienza non è in grado di offrire e io ne ero completamente affascinato.[…]”. – Steve Jobs, 2005.

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