Carla Fracci

 

Carolina Fracci, in arte Carla, nasce a Milano il 20 agosto 1936 da Luigi Fracci, alpino e sergente maggiore in Russia, e da Santina Rocca, operaia alla Innocenti. All’inizio della guerra Carla e la sua famiglia, sfollati dalla città, si rifugiano a Volongo dalla nonna materna Argelide, dove, come l’artista dirà anni dopo, “ben piantate nella terra”, si trovano le sue radici. Trasferitasi dalla zia a Gazoldo degli Ippoliti, nel mantovano, per frequentare la scuola elementare, torna a Milano con la famiglia al termine della guerra: aspira a diventare parrucchiera, ma sa ballare e si esibisce per gioco al Circolo ricreativo dell’azienda di trasporti dove, nel frattempo, il padre è stato assunto. Su insistenza di alcuni amici, che notano nella ragazzina un notevole senso del ritmo, i genitori si convincono a portarla al Teatro alla Scala per un’audizione.

È l’inizio di un’epoca che segnerà per sempre la storia della danza: a dodici anni Carla è una comparsa in La bella addormentata con Margot Fonteyn e a ventidue viene promossa prima ballerina.

Regina indiscussa della danza, “prima ballerina assoluta “ , come l’ha definita il New York Times, Carla Fracci incanta e ammalia le platee di tutto il mondo, interpretando i maggiori ruoli (circa centocinquanta) della letteratura del balletto e danzando con partner prestigiosissimi come Rudolf Nureyev (“Danzare con lui era una sfida: eccentrico, competitivo ma di grandissima generosità”, dirà poi).

Sposatasi nel 1964 con Beppe Menegatti, aiuto regista di Visconti, Carla Fracci diventa madre quattro anni dopo, conciliando con successo quotidianità e carriera.

Ritiratasi dalle scene, negli ultimi decenni ha diretto prestigiosi corpi di ballo, fra cui quelli del San Carlo di Napoli, dell’Arena di Verona e del Teatro dell’Opera di Roma, continuando sempre a portare avanti la sua passione per l’insegnamento e la divulgazione della danza classica fra i giovani.

Musa, mito, icona, celebrata da poeti come Eugenio Montale (“..a te bastano i piedi sulla bilancia per misurare i pochi milligrammi che i già defunti turni stagionali non seppero sottrarti” ) e Alda Merini (“Tu sei leggera come la follia…”), è morta a Milano a ottantaquattro anni, il 27 maggio 2021.

La grafia di Carla Fracci, grande, semiangolosa, verticale, intricata, parla di uno spirito pragmatico, concreto e determinato che ribolle sotto la dolcezza del tulle bianco, raccontando la storia di una donna che, pur volando in punta di piedi, si coinvolge in tutte le dimensioni della vita reale e resta ben ancorata alle radici contadine della sua infanzia.

Orgogliosa di sé e dei suoi traguardi (sopraelevazioni e sottolineature ), non indulge mai a forme di divismo, restando sempre amabile e disponibile (c a conchiglia, finali in curva aperta, ghirlande), pur se discreta e misurata nell’esternazione dei suoi sentimenti, che ha forse sacrificato alla rigida disciplina e alla ricerca di una perfezione che è sfida continua a superarsi (grafia a forte componente fallica, lettere strette, maiuscole alte e strette).

La firma merita un’attenzione particolare per il movimento vivace e flessuoso con cui danza sul palcoscenico simbolico della sottolineatura: l’iniziale del nome entra in scena partendo da lontano, dal centro del palco, mentre la sua finale si libra verso destra per poi tornare indietro con un inchino.

Con la morte di Carla Fracci, l’eterna fanciulla danzante di Montale, scompare la più grande esponente della danza classica italiana del Novecento, l’ étoile internazionale di prima grandezza e la leggenda del ballo, ma anche la donna che è rimasta sempre fedele a quelle radici contadine dalle quali ha tratto la determinazione e lo spirito di sacrificio che l’hanno guidata nell’arte come nella vita.

M.L.F.